Archivio articolo 18

Art.18, dall’inganno, alla prepotenza, alla libido.

Marzo 23, 2012 in Appunti

Ieri ho dimostrato la bestialità giuridica del comma 5 del proposto art.18.  Testo alla mano. Potrà leggersi su www.luigiligotti.it

Oggi,  espongo una mia breve ulteriore riflessione,  secondo la tempistica della evoluzione del problema.

1. Per mesi,  il governo e buona parte della maggioranza che lo sostiene,  ci hanno trattato da retrogadi ottusi,  contrari a qualsiasi nuovo modello di mercato del lavoro.  Loro i genii,  noi gli ottusi.  Dicevano: modello tedesco,  modello tedesco,  modello tedesco,  modello tedesco.  Un mantra parossistico.

2. Poi,  sono cominciati gli incontri con le parti sociali.  Il Governo,  sempre offrendo la modernità: il modello tedesco.  Giorni di confronto.  Poi l’annuncio: accordo vicino, anzi raggiunto.

3. L’altro ieri,  il testo del nuovo articolo 18.  Modello tedesco?  Ma quando mai! Modello arrogante:  si licenzia e anche se il datore di lavoro,  accampa ragioni infondate,  il giudice gli da torto,  annulla il licenziamento e,  udite-udite,  dichiara la risoluzione del rapporto di lavoro. Insomma licenziamento,  sempre e comunque.  Cambia nome.  Come  l’uragano,  che pur chiamato Katarina,  sempre uragano è ed è stato.   Anche io posso chiamare un omicidio, Giacomino.  Ma sempre il morto c’è. 

4. Dicono:  ma no!  Sono ancor più estese le garanzie da licenziamenti discriminatori.  Quelli sono nulli,  nulli,  nulli.  Noi siamo moderni,  ma tuteliamo i diritti che contano.  Voi, sindacati e cittadini,  siete ancora ottusi.

5. E se qualcuno,  maschera il licenziamento discriminatorio con una inesistente giusta causa?  Beh,  direbbe chiunque:  se è inesistente,   il lavoratore non può perdere il posto di lavoro. Altrimenti che inesistenza è.  Caspita,  ci sarà pure una differenza tra esistenza e inesistenza! Giusto,  perfettamente logico e ragionevole:  infatti il giudice,  deve annullare il licenziamento. Ah, bene. Caspita,  noi sì che siamo un paese moderno di democrazia partecipata.  Quindi,  non è vero che può barattarsi un licenziamento discriminatorio con una inesistente giusta causa?  Eh, caspita, addirittura,  il giudice deve annullare il licenziamento!  Perbacco!  Ed invece… Continua a leggere →

Monti fa spallucce. Art.18 modificato. Bisogna leggerlo per capire l’offensiva truffa. Eccolo: giudicate voi.

Marzo 22, 2012 in Appunti

MONTI AFFERMA CHE TESTO PROPOSTO DELL’ARTICOLO 18 NON VERRA’ MODIFICATO.
PER GIORNI HA PARLATO DEL MODELLO TEDESCO, ORA IMPONE MODELLO ARROGANTE.
STRANO PER UN UOMO CHE HA SEMPRE DATO L’IMPRESSIONE DI VOLER DIALOGARE.
NON E’ UNA BUONA SCELTA.
POSSIBILE CHE NON REALIZZI CHE TUTTI I SINDACATI, PROPRIO TUTTI, ANCHE SE CON TONI DIVERSI, CRITICANO IL TESTO? MILIONI E MILIONI DI LAVORATORI E CITTADINI, SONO INDIGNATI PER LA TRUFFA E MONTI FA SPALLUCCE?

Neanche le bestialità giuridiche, meritano attenzione? Possibile non rendersi conto di ciò che hanno scritto e proposto? Ed ora ottusamente difeso? Fuori da ogni razionalità. O è una tattica? Ripropongo, ancora una volta, ciò che ho scritto e già diffuso. Per chi non l’avesse letto e, con le scuse, per gli altri che vi hanno già dedicato attenzione.  

Il comma 5 dell’ articolo 18 proposto dal Governo,  recita:

<< Nell’ipotesi in cui annulla il licenziamento perchè accerta l’inesistenza del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, il giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data di licenziamento e condanna il datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, avente i requisiti dimensionali di cui al decimo comma, al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva compresa tra un minimo di quindici e un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, tenuto conto dell’anzianità del prestatore di lavoro e del comportamento e delle condizioni delle parti>>.

E’ una norma paradossale.  Infatti,  ecco la scansione:

a)l’accertamento del giudice,  nel confronto delle parti,  si conclude per l’inesistenza del giustificato motivo o della giusta causa del licenziamento;

b) il giudice annulla,  conseguentemente,  il licenziamento;

c) dopo aver fatto ciò,  il giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro. Continua a leggere →

Art.18 e sviluppo. Diritti ed equità. Si può negare il soggetto debole?

Febbraio 23, 2012 in Appunti

L’art.18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori, tutela il lavoratore ingiustamente ed ingiustificatamente, licenziato, nelle imprese con più di 15 dipendenti.

La tutela, ove riconosciuto ingiustificato o ingiusto  il licenziamento, comporta il reintegro del lavoratore nel posto di lavoro.
La tutela si colloca nel più ampio quadro di disciplina del rapporto individuale di lavoro, di cui alla legge 604 del 1966.

Premesso che, risulta difficile pensare che un datore di lavoro, si privi dell’apporto del lavoratore, ove non ci siano valide ragioni, la norma è a presidio di possibili anomalie, rispetto alla normalita e ragionevolezza.

Esiste uno spazio valutativo sul criterio di giustezza e giustizia del provvedimento di licenziamento.

La norma tenta di rappresentare un presidio dall’errore di valutazione.

E’ una norma di civiltà: licenziare è un verbo, il licenziato è una persona.

Togliere ad una persona il diritto al posto di lavoro, significa compromettere la vita di una persona, dei suoi figli, della sua famiglia, della sua esistenza.

Senza volere farne una norma totem, resistente a qualunque, anche  lievemente informale, situazione.

Esistono casi nella periferia della dialettica paradossali, ossia di decisioni giuresprudenziali sbagliate. Rimane, però,  il valore assoluto di una norma che tutela possibili ingiustizie.

Ciò che non riesco a capire, è il perchè si ritenga che una norma che tuteli da una possibile ingiustizia, debba essere un freno allo sviluppo dell’economia e del mercato.

Il gran discutere sull’art.18,  mi appare deviante. Come se si volesse individuare un “colpevole” del  mancato sviluppo di una azienda, casomai conseguenza di mancati investimenti.

Perchè questo gran bisogno di cambiare una norma che tutela un diritto, nell’interesse della stessa impresa e azienda? Perchè la liberalizzazione e sviluppo del mercato, dovrebbero passare dalla porta stretta dei diritti negati?

Sarò banale.  Ancora non ho trovato qualcuno che spieghi, in concreto, come la tutela di un diritto violato, rappresenti un freno allo sviluppo.

Si assume, ancora, che la norma sarebbe di difficile applicazione, a causa di una giurisprudenza che ne avrebbe alterato limiti ed attuazione, con privilegio delle posizioni del lavoratore licenziato e il disconoscimento dei casi di giusta causa.
Si dice, quindi, che l’unico rimedio sarebbe quello della eliminazione,  lasciando intangibile il recesso del datore di lavoro, non costringendolo al reintegro, anche se non riconosciuta dal giudice, la giusta causa.
In buona sostanza la variabilità della casistica, non potrebbe essere compiutamente valutata da un giudice, apparendo la decisione di reintegro, iniqua.

Per contrastare l’iniquità, a mio parere, si creerebbe altra iniquità: nel senso che sempre e comunque, il datore di lavoro avrebbe il diritto di recesso, compensando il lavoratore licenziato con il pagamento di alcune mensilità ( proposta Ichino).

Una soluzione del genere, potrebbe essere comprensibile ove esistesse mobilita’ e, quindi, la possibilità del lavoratore di trovare altra occupazione. In Italia c’e’ mobilita’? Questa e’ la domanda che dovremmo porci.  In assenza di mobilità,  il lavoratore licenziato senza giusta causa, dopo aver esaurito le risorse rappresentate da 10/15 mensilità, come vivrebbe?

Possiami prescindere da queste valutazioni? Non sarebbe, incece, da affrontare il problema dei diritti, per qualunque lavoratore che subisca un ingiusto licenziamento?

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