Gennaio 3, 2014 in Appunti

Arrestato chi arrivò dopo l’irruzione e non accusato della “macelleria messicana”. Mai imputato invece chi decise, chi scelse, chi autorevolmente attestò il falso.
Le domande che non hanno avuto risposta e che non si è voluto avere.
1. La ragione della decisione (da parte del vice capo della Polizia, presente nella Questura di Genova) di procedere, senza indugio, ad una operazione complessa di irruzione, di sera, in un complesso scolastico di notevoli dimensioni con la probabilità alta della presenza di moltissime persone e dopo due giorni di fortissime tensioni e violenze, scegliendo egli stesso il reparto che avrebbe dovuto operare, ritenuto da lui il più adeguato, coinvolgendo oltre 300 uomini delle forze dell’ordine, addirittura discutendosi sull’uso dei lacrimogeni.
Considerato, peraltro, che le manifestazioni erano cessate e che migliaia di manifestanti stavano già ripartendo da Genova, l’operazione non si connotava come perquisizione a fini giudiziari (attese le condizioni, l’orario ed il contesto), bensì come intervento d’ordine pubblico. L’operazione venne infatti decisa ai sensi dell’art.41 del testo unico di pubblica sicurezza (“Gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria, che abbiano notizia, anche se per indizio, della esistenza, in un qualsiasi locale pubblico o privato o in una qualsiasi abitazione di armi, munizioni o materie esplodenti…procedono immediatamente a perquisizione e sequestro”), ma ebbe una diversa connotazione. Peraltro lo stesso ufficiale di polizia giudiziaria, più alto in grado, appositamente scelto ed inviato, dal vice capo della Polizia, alla Diaz , per guidare l’operazione, dichiarò: ” io ero lì per gli eventuali riflessi sull’ordine pubblico, con il compito che mi aveva assegnato il prefetto Andreassi”. I giudici decisero che l’ufficiale presente più alto di grado della polizia giudiziaria, non fosse ufficiale di polizia giudiziaria. Perché?
2. La ragione che indusse il vice capo della Polizia, a rispondere al telefono, a circa le 00:30 di quella notte, ad Agnoletto: ” fanno bene ad arrestarli tutti”.
3. La ragione che indusse il vice capo della Polizia a dichiarare alla magistratura: “lì (Diaz) dovevi intervenire e prenderli insomma”. Come inquadrare, quindi, siffatta decisione adottata prima dell’operazione, nell’ottica dell’art.41 del testo unico di pubblica sicurezza?
3. Ricostruire con esattezza il percorso delle 2 bottiglie molotov, introdotte nell’istituto Diaz, dopo che si era proceduto agli arresti (singolare il fatto che l’ufficiale di polizia giudiziaria più alto in grado, qualifichi gli arrestati, definendoli “prigionieri”), in considerazione che le due bottiglie molotov erano, da ore, su un magnum della Polizia (quello stesso magnum, su cui il vice capo della Polizia, era stato a bordo, andando nel pomeriggio in giro per Genova, nonostante il riferito forte odore di benzina, proveniente dalle bottiglie).
4. La ragione che indusse la magistratura a reiteratamente asseverare che, durante l’operazione alla Diaz non le fossero giunte comunicazioni dalla polizia (testuale: “niente! niente! niente! niente se non dopo!”), per poi accertarsi, a fine 2003, con l’acquisizione dei tabulati del traffico telefonico, che le comunicazioni ci furono e si protrassero per circa un’ora, durante l’operazione. Conoscere, quindi, la ragione della negazione e il contenuto di così lunghe conversazioni, che iniziarono alle ore 00:7:22, ossia ad operazione Diaz appena avviata.
Solo una commissione d’inchiesta, potrà indagare e rispondere a questi quesiti che, ovviamente, costituiscono il presupposto di altri e più conclusivi giudizi politici, anche con riferimento alla scelta giudiziaria di escludere dal contesto processuale, le due più alte figure apicali, presenti in Questura e alla Diaz, quanto a polizia giudiziaria e al dipartimento di pubblica sicurezza.