Archivio 2013 Gennaio

Contro la riforma definita epocale del mercato del lavoro.Incostituzionale

Gennaio 30, 2013 in Appunti

Si parla poco della riforma Fornero, quella che doveva avviare la ripresa. Poi anche Sel ha raccolto le firme per il referendum. Ora anche Sel non ne parla. Messa da parte.
Noi ne parliamo. Riproduco il mio intervento in sula, quando il Governo pose la fiducia sulla suddetta riforma. Votarono si il PDL l’UDC e il PD. Tutti con Monti. Ora fingono di litigare ma pronti, dopo il voto, a fidanzarsi per farci qualche altro dono.

la riforma del lavoro è incostituzionale

Oggi ho incontrato l’Organismo Unitario dell’Avvocatura per parlare dei problemi della Giustizia

Gennaio 29, 2013 in Appunti

 

ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
 
 
 
COMUNICATO STAMPA
 
ELEZIONI, L’OUA PRESENTA IL SUO DECALOGO DI DOMANDE E PROPOSTE AI RAPPRESENTANTI POLITICI: PER UNA GIUSTIZIA GIUSTA E UN’AVVOCATURA MODERNA.
OGGI ULTERIORE INCONTRO CON I PARTITI, DOPO PD E LISTA SCELTA CIVICA PER MONTI, È STATA LA VOLTA DELLA LISTA RIVOLUZIONE CIVILE-INGROIA
 
Prosegue il fitto calendario di incontri che l’OUA, Organismo Unitario di rappresentanza politica dell’Avvocatura, sta portando avanti con i rappresentanti delle forze politiche in campo nella prossima tornata elettorale. Dopo il PD e la Lista Scelta Civica per Monti (Sandro Favi e Stefano Dambruoso), oggi il segretario dell’Oua, Avv. Paolo Maldari ha incontrato Luigi Li Gotti della Lista la Rivoluzione Civile – Ingroia. Anche in questa occasione è stato consegnato il documento che contiene le Dieci domande e diversi spunti di riflessione che l’avvocatura ha individuato come Linee Guide per l’Agenda Giustizia per l’Italia (di seguito).

«E’ stato un colloquio costruttivo, diversi i punti di incontro – ha sottolineato il segretario dell’Oua, Paolo Maldari – su questioni importanti che vedono l’Oua fortemente impegnata: necessità di investimenti in innovazione tecnologica, messa in efficienza della macchina giudiziaria e conseguente abbattimento dei costi, sospensione e riscrittura della riforma della geografia giudiziaria sulla base delle reali necessità del territorio, confronto e dialogo tra politica e avvocatura».
Sulla nuova legge forense il senatore Luigi Li Gotti ha voluto sottolineare come ci sia la “consapevolezza che sia da migliorare in alcuni punti. E’ importante arrivare a proporre un nuovo testo, inserendo le modifiche e facendo audizioni con l’avvocatura e con gli altri organismi”. Altro punto in comune emerso durante il colloquio è stata la netta contrarietà alla mediazione obbligatoria (poi dichiarata incostituzionale), definita da Li Gotti “una rivoluzione culturale negativa” per il senatore, infatti “il messaggio che è passato è quello che la giustizia si può fare senza giudice, avvocati e codici”.

L’Oua, attraverso le parole del suo presidente Nicola Marino, ha più volte sottolineato la necessità di “rivedere radicalmente il progetto di riforma della geografia giudiziaria avviando un confronto e un’analisi preventiva sul territorio per verificare le esigenze di ogni realtà”. Anche su questo punto Li Gotti si è detto concorde, criticando il progetto ministeriale: “Non è vero che è una riforma a costo zero. Accorpare uffici costa e al momento non c’è nemmeno un piano finanziario al ministero. Inoltre vengono abbandonate sedi appena costruite e su cui lo Stato ha investito enormi risorse finanziarie. Dovrebbe intervenire la Corte dei Conti”. L’Oua, in tal senso, ha messo in evidenza la necessità di fermare un provvedimento che elimina la “giustizia di prossimità” sulla base di una politica basata sul taglio lineare di circa 1000 uffici giudiziari.
Paolo Maldari ha anche posto l’accento sui costi e sulle limitazioni all’accesso alla giustizia: «Abbiamo denunciato più volte l’eccessivo aumento del contributo unificato: ingiusto e illegittimo, perché è evidente che la ratio di questo provvedimento è cercare di ridurre il contenzioso. Un intervento che va di pari passo con l’introduzione del filtro in appello e con la previsione di un limite legale alla condanna alle spese che non può superare la somma riconosciuta in sentenza».
Per l’Oua questo deterrente si è rivelato fallimentare dal punto di vista deflattivo (se non in casi particolari e in percentuali residuali), dimostrando che questa è la strada sbagliata e rivelandosi di fatto solo come un’ulteriore tassa sulla pelle degli italiani. E a pagarne maggiormente le conseguenze sono stati i cittadini con meno potere acquisitivo: si sta configurando così una giustizia di serie A e una di serie B. A rendere il quadro ancora più fosco è l’assenza di informazioni su come andrà destinato questo aumento di entrate derivanti dal contributo unificato. Se, per intenderci, rimarrà nel settore giustizia per migliorare il sistema, o se, invece, terminerà in altri ministeri a coprire buchi e sprechi.
«L’Oua – conclude Maldari – proseguirà anche nei prossimi giorni gli incontri con tutti gli altri rappresentanti degli schieramenti politici, chiamando i candidati a dare risposte concrete alle “dieci domande per la giustizia”. Sulla base di questo confronto, quindi, l’organismo di rappresentanza politica dell’avvocatura renderà pubblico anche un Decalogo di proposte su cui chiedere un impegno preciso nella prossima legislatura».

Roma, 29 gennaio 2013
 

Quando la cronaca dei fatti è attualità e futuro.Intervento sul legittimo impedimento.

Gennaio 28, 2013 in Appunti

La legge di cui parlo,  è stata approvata in 21 giorni.  Caso unico nella storia del Parlamento. Chi riuscì a far questo,  oggi parla di  “popolo” e di diritti. E’ gente in malafede.

Riproduco il mio intervento in aula, tra le grida di PDL e Lega. Quando Fini e Casini (compagni di Monti e oggi,  per la campagna elettorale, paladini  della legge) si schierarono con Berlusconi. Cambia lo specifico contesto ma l’attualità rimane. Ci vuole la rottura con la politica dei compromessi e degli inciuci. Serve una rottura con le politiche di asservimento alla finanza e di interesse per le banche. Serve una rivolta civila delle coscienze. Si può. Con uno strumento semplice:  la matita nella cabina elettorale.

Sotto il link dell’intervento. Grazie della pazienza.

legittimo impedimento fuori i barbari e i ladri di civiltà

La mia controinaugurazione dell’anno giudiziario. Un intervento sul processo breve ma attuale ancora oggi. L’allegra brigata si rinforza, litiga e fa pace.

Gennaio 25, 2013 in Appunti

 

In questa legislatura Berlusconi-Fini-Bossi, ne hanno fatte tante insieme e ora sperano nella memoria corta del paese.
Ora si rinfacciano malefatte, ma hanno governato insieme per anni e, per molti, anche Casini. Ora Fini-Casini-Monti vorrebbero essere il nuovo. Berlusconi-Bossi(Maroni), sono l’altro nuovo. Con il trio Fini-Casini-Monti, potrebbe fidanzarsi, dopo le elezioni il duo Vendola-Bersani con protesi Tabacci. Questi tutti insieme fanno oltre un secolo di vita parlamentare. Vi ricordate una cosa di buono fatta, in oltre cento anni di parlamento (lodo Schifani, lodo Alfano, exCirielli, falso in bilancio, scudo agli evasori, carcere per tossicodipendenti, carcere per irregolari, lenzuolate)?

Giocano a pingpong rinfacciandosi il malfatto, le complicità, con le nuove alleanze e l’aggiornamento oscurantista del diritto,  nel nome dell’omertà di stato.  Questo è l’anno che abbiamo passato. Come gli altri e peggio degli altri. E vi parlano, dal trono,  di diritto,  giustizia e Costituzione!

A seguire il video del mio intervento,  in occasione del processo breve.  Poi arenatosi.  Ma la sostanza cambia poco. 

processo breve: il paese dei barbari

I diritti dell’ultimo misurano il grado di civiltà di un popolo. In difesa del lavoro.

Gennaio 24, 2013 in Appunti

 

Ho voluto, per rispetto, darvi alcuni strumenti per conoscermi e per conoscere alcune delle cose per cui ho combattuto e combatto. È un intervento svolto al Senato, sulla riforma Monti-Fornero. Anche Sel ha raccolto le firme per il referendum. Ora, la real politik ha cambiato l’agenda e, addirittura, si ipotizza un eventuale fase costituente Fini Casini Bersani Monti Vendola. Ricordiamoci che la piu antica democrazia ha insegnato che essa non esisterebbe senza il piu autentico bilanciamento tra maggioranza e opposizione. Noi, Rivoluzione Civile, siamo opposizione del berluscamontismo e dei malcelati derivati. Siamo opposizione per la rivoluzione civile che è rivolta civile individuale. Per cambiare e ostacolare, con tutte le energie possibili, la deriva dei diritti, primo tra essi, il diritto a vivere dignitosamente in un mondo meno torbido di ladri, furbi e disonesti.

In questo intervento parlo del diritto dell’ultimo.

contro il governo il diritto dell\’ultimo misura il grado di civiltà di un popolo

Noi vogliamo la verità sulla trattativa stato-mafia e non l’omertà di stato. Ci sente il Quirinale?

Gennaio 23, 2013 in Appunti

Riproduco il mio intervento sulla trattativa stato-mafia con il richiamo alle iniziative di Mancino sul Quirinale.
La durata è di circa 20 minuti. Siate pazienti.

intervento vasto 22/9/2012

Quando si dice “voto utile”. Quelli che son nati professori, senza essere stati studenti.

Gennaio 20, 2013 in Appunti

 IL  VOTO  UTILE.  “LECTIO MAGISTRALIS”

Si riempiono la bocca della con la parola “autoriciclaggio”.  Vi promettono l’introduzione immediata del nuovo ed invocato reato. Bersani,  quasi quasi,  ci dice che non prende sonno sin quando non introdurrà il reato di autoriciclaggio.

Io ci avevo provato concretamente,  riuscendo a portare al voto in aula,  al Senato, il nuovo reato.

Era il 14 gennaio 2009.

Si stava per votare. Ma il PD e il PDL, congiungendo i loro VOTI UTILI, rimandarono in commissione il testo di legge sull’autoriciclaggio,  con la scusa dell’approfondimento.

Sono passati 4 anni e ancora “studiano”.  Sono “professori che studiano” e tanto.  Insegnano su cosa sia il  “voto utile”.

Io  ho capito cosa è.

E’,  per esempio,  mettersi d’accordo per non fare una legge,  come hanno fatto il PD e il PDL a proposito dell’autoriciclaggio.

Eccovi,  a seguire,  il resoconto stenografico del dibattito in aula del 14 gennaio 2009.   Esempio di VOTO UTILE,  per non introdurre l’autoriciclaggio.  

 

<<Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della proposta di stralcio S1.100.

 LI GOTTI  (IdV)  Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facolta`.

 LI GOTTI  (IdV)

Signora Presidente, la proposta presentata dai relatori riguarda una questione di particolare rilievo. Si tratta di una norma che avevamo inserito nel nostro disegno di legge n. 583, che era frutto di precise indicazioni che provenivano dal Governatore della Banca d’Italia, nonche´ dal Fondo monetario internazionale. Il Governatore della Banca d’Italia, infatti, sentito dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalita` organizzata il 14 giugno 2007, aveva rimarcato i risultati positivi ottenuti dagli ordinamenti che puniscono anche il cosiddetto autoriciclaggio. Tali considerazioni erano state successivamente confortate dalle dichiarazioni del procuratore nazionale antimafia, dottor Grasso, nella seduta delle Commissioni dell’Ufficio di Presidenza riunite 1a e 2a del 24 luglio 2008; egli ha detto che finalmente si accoglierebbero i rilievi formulati dal Fondo monetario internazionale del 2005, suggerendo un intervento legislativo in tal senso, anche alla luce dei risultati positivi raggiunti dagli ordinamenti di altri Paesi, come la Repubblica federale tedesca e il Regno Unito. Cio` per dire che c’era un orientamento favorevole in tal senso, tanto e` vero che i relatori proposero di emendare il testo presentato dal Governo con la previsione di punizione delll’autoriciclaggio. Non capisco ora questa marcia indietro rispetto ad un qualcosa che si faceva nell’interesse condiviso da parte di tutti; non capisco la necessita` di collocare questa norma in un ampio testo diverso. Quale e` questo testo? Stiamo parlando di riciclaggio e autoriciclaggio, di una norma che ci era stata suggerita dal Fondo monetario internazionale, dal Governatore della Banca d’Italia, dal procuratore nazionale antimafia, proposta da noi dell’opposizione, proposta dalla Commissione antimafia all’unanimita` nella scorsa legislatura, fatta propria dai relatori e presentata dai relatori stessi.  Ora si dice di no. Perche´?  Perche´ dobbiamo rinunciare a questo strumento di contrasto all’autoriciclaggio, che e` un fenomeno particolarmente grave e impeditivo di accertamenti? Si dice che ce ne occuperemo in un altro momento. Ebbene, dato che non esistono ragioni valide per rimandare ad un altro momento, che non si capisce bene quale possa essere, ritengo di poter esprimere convintamente il voto contrario alla proposta di stralcio presentata dai relatori. (Applausi dal Gruppo IdV).

 BOSCETTO (PdL)  Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE.  Ne ha facolta`.

 BOSCETTO (PdL)

Signora Presidente, colleghi, in dissenso dal mio Gruppo vorrei esprimere il mio voto in quanto le considerazioni del collega Li Gotti sono anche le mie considerazioni. Il reato di autoriciclaggio e` estremamente importante e viene richiesto ai piu` diversi livelli, da quelli altissimi, menzionati dal senatore Li Gotti, a quelli delle forze dell’ordine in generale, per risolvere problemi che vedono non punita un’attivita` di riciclaggio da parte dell’autore del reato. Cio` fa sı` che si creino delle zone d’ombra che non permettono di perseguire i colpevoli sotto diversi profili, non solo penali ma anche di conseguenze penali del reato, quali sequestri o confische. Conosco l’obiezione di parte della dottrina che e` stata pubblicata anche recentemente su «Il Sole 24 ORE». In sostanza, questa dottrina dice che con la norma sull’autoriciclaggio, per come e` stata scritta dalle Commissioni riunite, si va a fare eccezione al principio consolidato del diritto penale secondo il quale il post factum non e` punibile. L’autore del reato, quindi, e` punibile solo del reato presupposto e non di questo autoriciclaggio che verrebbe da tale dottrina considerato post factum. Ritengo, invece, che per come e´ strutturata la norma si debba prescindere da questo aspetto dogmatico e che i due commi di cui si propone lo stralcio debbano, quindi,  essere introdotti proprio per la fondamentale utilita` della qualeho brevemente parlato in questo mio ragionamento.

 CASSON (PD)Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE.  Ne ha facolta`

 CASSON (PD)

Signor Presidente, l’intervento del senatore Boscetto illustra il motivo per il quale riteniamo indispensabile un ritorno in Commissione della normativa che riguarda l’autoriciclaggio. Noi siamo fortemente e convintamente favorevoli a una riformulazionedelle norme di cui agli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale proprio nell’ottica segnalata dai relatori e anche dai senatori Boscetto e Li Gotti. Il problema e` squisitamente di natura tecnica; non esistono soltantogli articoli de «Il Sole 24 Ore»,  ma intere biblioteche che riguardano interventi sia della giurisprudenza che della dottrina per una riformulazione di queste norme che,  per come sono proposte, sono difficili da interpretare e soprattutto da applicare. Si riteneva opportuno, quindi, come abbiamo gia` segnalato all’interno delle Commissioni riunite, un approfondimentotecnico specifico. Abbiamo riproposto in questa sede una soppressione dei commi 4 e 5,  ma proprio per dare la nostra convinta idea che sosteniamo la necessita` di affrontare il tema del post factum, come giustamente diceva il senatore Boscetto, voteremo a favore della proposta di stralcio e fin da ora annuncio che ritiriamo l’emendamento successivo 1.110 presentato dal Partito Democratico che, invece, riportava la soppressione pura e semplice.

PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta di stralcio S1.100, presentata dai relatori.

E`approvata>>.

 

Un imputato del processo sulla trattativa chiede di poter valutare le intercettazioni che scottano. La Cassazione dichiara ammissibile il ricorso.

Gennaio 19, 2013 in Appunti

 

La Cassazione ha dichiarato ammissibile il ricorso di Ciancimino. La decisione il prossimo 18 aprile. Ripropongo ciò che scrissi il 19 gennaio.  La questione rimane spinosissima. Nel 2007,  la Cassazione diede ragione ad un imputato che chiese il riconoscimento del diritto di partecipare all’udienza in camera di consiglio, convocata per decidere sulla distruzione di intercettazioni inutilizzabili. 

********

L’imputato Ciancimino ha chiesto di poter ascoltare le 4 telefonate Mancino-Napolitano, acquisite nel processo e poi stralciate perché i PM le ritennero irrilevanti. Ma i Pm sono una delle parti del processo. Ci sono anche gli imputati che hanno diritto al deposito integrale degli atti d’indagine.
La Corte Costituzionale, nella nota decisione, ha affermato che devono essere tutelati i diritti costituzionali inerenti la libertà personale. Un imputato rischia la compromissione, se condannato, della libertà personale. Quell’imputato vuole essere messo in grado di valutare se nelle telefonate, possano esserci elementi a suo favore, idonei a incidere sulla eventuale condanna. Ora dovrà decidere il Gip, tenendo a mente il principio della completa discovery degli atti d’indagine, garanzia assoluta e non comprimibile.
Ripropongo ciò che scrissi, a commento della sentenza della consulta.

 

La questione che la Corte è stata chiamata a risolvere,  su invocazione del Capo dello Stato,  era quella della procedura di distruzione di 4 telefonate Mancino-Napolitano. Vediamo più da vicino cosa ha affermato la consulta.

La Corte Costituzionale ha dedicato spazio alla ricerca della norma del codice di procedura penale da applicare alle telefonate di Mancino a  Napolitano.

Cerca e ricerca,  infine la Corte è planata sull’art.271, terzo comma e dice:

 <<le intercettazioni delle conversazioni del Presidente della Repubblica ricadono in tale ampia previsione, ancorchè effettuate in modo occasionale>>.  Ossia il terzo comma dell’art.271.

Senonchè la suddetta  “ampia previsione”,  riguarda espressamente le intercettazioni dei ministri di confessioni religiose,  avvocati,  investigatori privati, medici,  farmacisti e  ostetriche,  “quando hanno a oggetto fatti conosciuti per ragione del loro ministero,  ufficio o professione“.

Non c’è,  quindi, il presidente della Repubblica, bensì ostetriche,  farmacisti, sacerdoti, ecc.

La Corte ha,  allora,  esteso il catalogo dei soggetti,  inserendovi il presidente della repubblica.  

La estensione al presidente della repubblica,  fatta dalla Corte Costituzionale,  viola l’art.14 delle  “Disposizioni sulla legge in generale”,  ossia:

<<Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati>>.

La Corte Costituzionale,  ha quindi totalmente bypassato questa disposizione,  come se non esistesse.

E’ un pessimo precedente,  introducendosi così il principio che il giudice penale,  possa applicare soluzioni e scelte,  fuori ed oltre  una qualsiasi norma.

Fatto questo primo strappo  (ossia l’incasellamento di quali intercettazioni distruggere),   la Corte è passata alla soluzione  del come procedersi alla distruzione.  E, quì, viene asserita, una abnorme inesattezza.  Dice la Corte:

<<Quanto alla procedura da eseguire, nella citata disposizione non sono contenuti rinvii ad altre norme del codice di rito (…).  Dunque, la norma processuale in questione non impone la fissazione di una udienza camerale “partecipata”,  e neppure la esclude>>.

Quindi per la Corte Costituzionale,  l’udienza per decidere la distruzione, si può fare o non si può fare,  a libera scelta.  Questo perchè nell’art.271  (casella normativa ove sono state inserite le intercettazioni del presidente della repubblica),  “non sono contenuti rinvii ad altre norme del codice“.

La Corte Costituzionale appare impappinarsi.

Infatti,  l’art.271,  è l’articolo che individua  “quali”  siano le intercettazioni da distruggere.  Il  “come” procedersi,  è invece disciplinato da altro articolo,  il 269.  Ossia:

<<Il giudice decide in camera di consiglio a norma dell’art.127″.

L’art. 127 dice,  per l’appunto, che si procede in camera di consiglio,  dandosene avviso alle parti,  alle altre persone interessate e ai difensori.

Per la Corte Costituzionale,  invece,   tutto deve essere deciso dal giudice  senza alcuna camera di consiglio e senza la partecipazione di alcuno.

Senonchè, la stessa Corte, è consapevoler d’averla detta grossa e, nelle ultimissime righe della sentenza,  introduce il  “ma anche”,  così da evitare che, in futuro, si possa procedere alla distruzione di prove,  all’insaputa di eventuali interessati  (ammettiamo che in una intercettazione da distruggere, sia contenuto un riferimento ad un possibile alibi che scagionerebbe l’imputato),  e scrive:

<<Ferma restando la assoluta inutilizzabilità delle intercettazioni del presidente della repubblica  (…),  l’Autorità Giudiziaria dovrà tenere conto della eventuale esigenza di evitare il sacrificio di interessi riferibili a principi costituzionali supremi: tutela della vita e della libertà personale e salvaguardia dell’integrità costituzionale delle istituzioni della repubblica.  In tali estreme ipotesi,  la stessa Autorità adotterà le iniziative consentite dall’ordinamento>>.

Ossia,  si facesse l’udienza camerale come prevista  dal nostro codice di procedura penale.

Ai miei denigratori, dico: picciotti, per favore, toglietevi la coppola.

Gennaio 17, 2013 in Appunti

 

Quando vivevo in Calabria ho fatto politica. Poi, nel 1974 (avevo 27 anni) mi sono trasferito a Roma e non ho piu fatto politica sino al 2002, quando ho aderito all’Italia Dei Valori. Ho fatto l’avvocato nel processo per la strage di piazza Fontana, per l’eccidio di via Fani, per l’assassinio del commissario Luigi Calabresi, in molti processi di mafia.
Nel 1989, inizi 1990, Giovanni Falcone mi chiese se fossi disposto a difendere Marino Mannoia, al quale la mafia aveva appena ucciso la mamma, la zia e la sorella, per vendetta e per farlo tacere.
Ho detto di sì per dignità (era difficile in quel momento trovare difensori per un “pentito” di mafia).
Da quel momento, ho difeso molti collaboratori di giustizia.
Nel 1994 iniziarono ad arrivare le minacce mafiose. Non sono arretrato di un millimetro, non perché sono un eroe ma, lo ripeto, per dignità.
Ho fatto il sottosegretario alla giustizia dal 2006 al 2008, dedicandomi particolarmente al personale amministrativo (i sindacati sono buoni testimoni del mio impegno) e al penale.
Poi sono diventato senatore occupandomi di giustizia e di antimafia.
Ora, sono candidato nella lista Rivoluzione civile.
Da oggi, ricevo attacchi perché “fascista” (sino al 1974 ho fatto politica, a Crotone, nel Msi).

Io non conosco il nome ed il volto del manovratore.
È bene,  però,   che sappia che,  nella mia vita,  ho subito ben più pesanti attacchi e attenzioni dalla mafia.

Gli aggressori odierni,  si mettano,  allora,   per favore in fila con la coppola rigorosamente in mano e rispettassero il ruolo di chi li precede. 

Qualcuno vorrebbe screditarmi. Non rispondo se non con riproduzione di due articoli di stampa. Se avete la pazienza.

Gennaio 17, 2013 in Appunti

 

Mi attaccano perché sono capolista al Senato, in Sicilia, con Rivoluzione Civile. Senatore uscente dell’IDV. Gli attacchi vengono dal @popoloviola. Conosco Gianfranco Mascia, di cui sono amico. Non comprendo, ora, questo astio. Non voglio fare la mia biografia. Ma i due articoli che riproduco, raccontano alcuni fatti. Possono aiutare a capire qualcosa di me.

1. MANDA PER POSTA I SUOI ELENCHI DI MORTE

18 giugno 1994 —   pagina 16   sezione: ATTUALITA’

PALERMO – La strategia mafiosa delle minacce e degli attentati si rivela a Palermo in un anonimo. Una lettera senza firma che annuncia morte e apre ufficialmente questa estate siciliana. Una lettera che indica, uno dopo l’ altro, i nomi degli uomini “che devono morire”. Che lega i bersagli individuati da Totò Riina nell’ aula di Reggio Calabria con i bersagli delle bombe esplose nei paesi del palermitano. Che porta avanti la campagna corleonese contro “i comunisti” e piccoli e grandi simboli dell’ antimafia. La lettera anonima è stata recapitata tre giorni fa alla sede Ansa di Palermo. Busta e carta intestata del sindaco di Corleone Giuseppe Cipriani, uno dei primi obiettivi della catena di attentati inaugurata nello scorso mese di febbraio. “Caro direttore dell’ Ansa…le consigliamo di preparare le fotografie e di far fare le interviste ai signori… perché nei prossimi mesi verranno ammazzati…”. L’ elenco comprende una ventina di “signori” (è lo stesso termine che ha usato Totò Riina a Reggio Calabria durante il suo comizio in Corte di Assise) che si apre proprio con i nomi del procuratore capo di Palermo Gian Carlo Caselli, del presidente della commissione parlamentare antimafia Luciano Violante, del deputato del Pds e sociologo Pino Arlacchi. C’ è poi anche l’ “avvocato degli infami”, Luigi Li Gotti. Dopo questi quattro nomi – gli stessi indicati da Riina due settimane fa – segue un’ altra lunga lista. C’ è “l’ amico dei comunisti” Sergio Mattarella, ci sono numerosi sindaci del palermitano tra cui il primo cittadino di San Giuseppe Jato Maria Maniscalco e suo marito Domenico Giannopolo, primo cittadino a Caltavuturo. L’ elenco continua con i nomi del figlio di Libero Grassi, Davide, (accompagnato da frasi oltraggiose), della signora Maria Falcone, del sostituto procuratore della repubblica Roberto Scarpinato. Chiudono la lista due sacerdoti palermitani padre Turturro e padre Garau. Nella lettera anonima c’ era scritto: “…quelle foto e quelle interviste vi faranno proprio comodo…”. Messaggio inequivocabile. La lettera è stata consegnata in Questura, poi il ministero degli Interni ha diramato l’ allarme generale. Il testo è da tre giorni allo studio degli esperti decifratori delle cose di mafia, ma un dato emerge chiaro: nella lettera si rivela un preciso collegamento, attraverso i bersagli, tra minacce e attentati. “Questa è la saldatura fra le minacce lanciate da Totò Riina a Reggio e gli attentati ai sindaci progressisti dei paesi della provincia palermitana”, osserva Pino Arlacchi. E aggiunge il neo deputato del Pds: “Questa è la prova che c’ è un piano preciso tra le minacce e gli attentati. Un piano che è stato negato o sottovalutato più volte”. Questo “anonimo palermitano” segue di 14 giorni la consegna di un’ altra lettera pervenuta, il 1 giugno, al ministero degli Interni. Anche il primo messaggio senza firma conteneva un elenco di personaggi da uccidere: il procuratore capo della repubblica di Firenze Pierluigi Vigna, il vicedirettore del dipartimento amministrazione pentitenziaria Francesco Di Maggio, il presidente della Repubblica Scalfaro, Umberto Bossi, alcuni noti funzionari della Direzione Investigativa Antimafia. Un primo segnale generale, poi la lettera anonima più “completa”, piena di nomi, tutti significativi. Cosa sta accadendo in Italia? Cosa sta accadendo in Sicilia? Un’ idea ce l’ ha l’ ex presidente della commissione parlamentare antimafia Luciano Violante: “Ora temo che verranno gli omicidi di gente non nota per terrorizzare maggiormente”. Una mafia all’ attacco che cambia tecniche di intervento sul territorio, che modifica la sua tattica e la sua strategia. “Gli omicidi di personalità come Falcone – ha detto Luciano Violante all’ Agenzia Italia – passano sopra le teste della gente, nessuno si identifica”. Ma se invece a cadere “è un assessore comunale o un ingegnere dell’ ufficio tecnico…terrorizza molto di più”. E un po’ quello che si è verificato in questi ultimi mesi quaggiù, in Sicilia. Attentati “al silenziatore” in ogni paese della provincia palermitana e in qualche comune del trapanese. Attentati a ripetizione senza – per ora – spargimento di sangue. Uno ogni due o tre giorni. Qualche volta due o tre nello stesso giorno. Senza uccidere. Auto saltate in aria. Case devastate dal tritolo. Alberi tagliati. Teste di vitello mozzate recapitate a mogli e fidanzate. Tutti atti dimostrativi contro sindaci e amministratori delle nuove giunte elette nel novembre scorso in Sicilia. Tutti bersagli dei mafiosi che non trovano più interlocutori nelle cento giunte sparse sul loro territorio. Adesso, la lettera anonima “spiega” la strategia. Una scelta precisa quella di rivelare il piano. E, come insegna la storia di Palermo, gli anonimi hanno sempre preceduto “operazioni” decisive per Cosa Nostra. Ancora una volta, qui in Sicilia tutto sembra già scritto. – dal nostro corrispondente ATTILIO BOLZONI

 

2. E Riina disse: Berlusconi, bravo picciotto Parla Misso, boss-pentito della Sanità – Il Mattino
Pubblicato 8 febbraio 2011 | Da luna_rossa

NAPOLI – Entrare negli affari delle aziende televisive di Silvio Berlusconi, grazie al lasciapassare della mafia. Parola di Totò Riina, che non avrebbe esitato a riferirsi al premier come di un «bravo picciotto». Un retroscena raccontato in aula dal boss pentito della camorra Giuseppe Misso, l’ex padrino del rione Sanità, che dal 2007 ha intrapreso una svolta collaborativa oggi ancora sotto il vaglio critico del servizio centrale di protezione.

Un racconto di poche pagine che punta i riflettori sui presunti rapporti triangolari tra la mafia dei corleonesi, la camorra del rione Sanità e il mondo delle televisioni e delle grandi opere pubbliche della Milano di fine anni Settanta e inizio anni Ottanta. Di cosa parla Misso? Riferimento diretto alla richiesta fatta da Palermo al boss Misso di ammazzare un avvocato di alcuni pentiti, l’attuale sottosegretario Li Gotti, in cambio di ampie possibilità di guadagno a Milano. In cambio di commesse, investimenti, soldi facili da guadagnare in un mondo in evoluzione.

Ma ecco cosa racconta Giuseppe Misso, in un interrogatorio depositato di recente in un procedimento a carico di boss e gregari della camorra napoletana: «Il mio affiliato Salvatore Savarese mi disse che Riina, in cambio del favore che ci chiedeva, cioé di uccidere l’avvocato Li Gotti, ci offriva di farci entrare nella gestione dei capitali investiti dalla mafia, da cosa nostra, in molte aziende italiane. In particolare, sempre per parlare dell’offerta di Riina, Savarese mi parlò delle aziende televisive di Berlusconi, che Riina avrebbe definito come ”un bravo picciotto”, stessa espressione usata per Dell’Utri».

Parole tutte da decifrare, partendo da una valutazione storica. Non esistono riscontri concreti al racconto che Missi offre alla Dda di Napoli, anche se il riferimento a Savarese assume un significato particolare. C’è un retroscena degno di attenzione: tra la fine degli anni Novanta e i primi anni del decennio scorso, Savarese è stato detenuto nello stesso carcere di Riina. Anzi. Savarese venne scelto come compagno di socialità di Riina, oggi come allora rinchiuso in una cella di isolamento, sotto strettissimo regime di carcere duro. Dunque anni di socialità, chiacchierate, passeggiate, qualche partita a carte. Un’esperienza che avrebbe finito così col rafforzare la memoria di Missi, che all’epoca (torniamo agli anni Ottanta), avrebbe rifiutato l’offerta della mafia di offrire un contributo nell’attentato (mai realizzato) contro l’attuale sottosegretario Li Gotti.

Pentito di camorra dal 2007, ma in attesa del programma definitivo, una attendibilità ancora in valutazione per l’autore de «I Leoni di Marmo», il romanzo sulla guerra di camorra degli anni Ottanta. Eppure quello di Misso non è l’unico verbale depositato agli atti di un processo sui rapporti tra camorra e ambienti affaristici milanesi. C’è un’ampia ricostruzione svolta da un altro collaboratore di giustizia, tale Gaetano Guida, alias Gaetano ’o pazzo, che ha raccontato incontri e affari condotti a metà anni Settanta tra pezzi del sistema criminale napoletano e il mondo imprenditoriale della capitale del Nord. Guida ha fatto nomi, ha ricostruito interessi, giri d’affari. Ha parlato di una camera di compensazione tra esponenti del mondo malavitoso (oltre alla camorra, Guida parla anche di mafia e di ’ndrangheta) e soggetti che all’epoca stavano scalando i ranghi della high society meneghina.

Parole che non investono solo scenari locali, dal momento che in questi anni Guida è stato ascoltato anche dalla Procura di Palermo e dai magistrati milanesi. Due pentiti, ricordi abbastanza circostanziati, parole difficili da riscontrare a distanza di tanti anni. Scenario investigativo che vede proseguire con estrema cautela i pm della Procura di Giovandomenico Lepore, sulla falsariga delle indagini tracciate in altri distretti (Palermo in primis), che puntano a fare chiarezza sulla genesi delle fortune imprenditoriali della famiglia Berlusconi.

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