Diffamazione: parliamone con cognizione. Serve non abbassare la guardia per gli agguati possibili alla libertà.
27 Ottobre 2012 in Appunti
DOMANI, RIPRENDE ESAME IN AULA. DALLE 17. PREVISIONI? NESSUNA.
Ci si divide molto sulla modifica della diffamazione. Accade, anche, che si dicano inesattezze. Vediamo, da vicino, di cosa si tratti.
Per parlare con compiutezza del disegno di legge sulla diffamazione, serve ricordare cosa sia la diffamazione.
L’art.595 del codice penale dice:
<< Chiunque, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito>>.
La reputazione costituisce quell’opinione o stima di cui l’individuo goda in seno alla società.
L’attuale legge sulla stampa (art.13 Legge n.47 del 1948), detta:
<<Nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, consistente nell’attribuzione di un fatto determinato, si applica la pena della reclusione da uno a sei anni e quella della multa non inferiore a lire 500.000>>.
Sempre la legge 47 del 1948, all’art.8, prescrive:
<<Il direttore o, comunque, il responsabile è tenuto a far inserire gratuitamente nel quotidiano o nel periodico o nell’agenzia di stampa le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità>>.
Le direttrici di modifica dell’attuale normativa, sono due:
1. Eliminazione della pena della reclusione sostituendola con la pena pecuniaria, in aderenza ai principi affermati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (peraltro l’art.10 della nostra Costituzione, impone che <<L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute>>). L’entità della sanzione pecuniaria, deve poter salvaguardare l’effetto detterrente connesso alla pena, senza però che, una pena non equilibrata, possa tradursi in uno strumento per eliminare la stampa locale, costretta a chiudere per la pesantezza della sanzione. Su questo punto, c’è forte contrasto e i lavori dell’aula si sono impantanati. C’è chi continua a volere la pena del carcere e chi vuole pene pesantissime (sino a 100 mila euro), ossia la morte della piccola stampa. L’Europa richiama, invero, la necessità dell’equilibrio, censurandosi l’eccessivo peso economico della sanzione sulla persona accusata d’aver diffamato (in tal senso le recenti sentenze della Corte europea nel caso Saaristo c. Finlandia del 12 ottobre 2010 e nel caso Publico c. Portogallo del 7 dicembre 2010).
2. Rafforzamento del sistema della rettifica, considerata la prima e principale forma risarcitoria e ripristinatoria della reputazione offesa di una persona. La modifica più significativa consiste nel divieto di commentare la rettifica pubblicata. Invero, con molta frequenza, accade che in calce alla rettifica, si aggiunga il commento finalizzato a vanificare la rettifica pubblicata, anzi approfittandone per rincarare la portata offensiva di ciò che si rettifica e, così, offendendo la reputazione due volte. Ovviamente, ciò non significa che il giornalista non possa, con altro articolo, ribadire le sue affermazioni ma, farlo commentando, in calce, la rettifica, significa annullare la finalità della stessa.
Argomento di dibattito è se questa disciplina si applichi al web.
Ci sono stati tentativi in questa direzione.
Ho fatto, personalmente, una forte azione di contrasto a questi tentativi, ottenendo il risultato di far specificare esattamente a cosa e a chi, si applichi la normativa. Ed allora, continuando a dirsi inesattezze, preciso la platea dei destinatari della normativa.
1. Il regime si applica alle edizioni cartacee dei prodotti ricadenti nell’ambito della legge sulla stampa (così è attualmente), “comprese le relative edizioni telematiche” (questa è la modifica). Invero, molti giornali o periodici, hanno le edizioni online. Anche per queste edizioni, si applica la normativa.
2. Il regime è anche “Per i prodotti editoriali diffusi per via telematica, con periodicità regolare e contraddistinti da una testata”. Si tratta delle pubblicazioni non collegate alle edizioni cartacee. L’indicazione è quella contenuta nella Legge n.62 del 2001 che, all’art.1, dice:
<<1. Per “prodotto editoriale”, ai fini della presente legge, si intende il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici.
3. Al prodotto editoriale si applicano le disposizioni di cui all’articolo 2 della legge 8 febbraio 1948, n.47. Il prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del prodotto, è sottoposto, altresì, agli obblighi previsti dall’articolo 5 della medesima legge n.47 del 1948>>.
Stiamo, insomma, parlando di vere e proprie testate giornalistiche, sottoposte alla normativa della legge sulla stampa (n.47 del 1948), con editore, proprietà, stampatore, direttore o vicedirettore responsabile.
Non c’entra nulla il web e non c’entrano nulla i commenti che, nel sistema interattivo della stampa online, possono essere inseriti nelle pagine, ma che non rientrano nella definizione di “prodotto editoriale”.
Ovviamente, anche sul web, si può offendere la reputazione di una persona. In questi casi, però, non si applica la legge sulla stampa, bensì la legge ordinaria prevista dal codice penale, come è sempre accaduto per questi reati e sempre che, sia individuabile l’offensore. Nulla cambia, insomma, rispetto a ciò che c’è sempre stato.
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