Criminalità e Tribunali. Padrini e Stato
Luglio 3, 2012 in Appunti
Sopprimere uffici giudiziari a Corleone e Castelvetrano, è segnale di uno Stato che arretra in terra contaminata da mafia. La legge impone valutazione impatto. Il Ministero si distrae.
È antica storia che le mafie abbiano esercitato (ed esercitano) sul territorio, un potere alternativo allo Stato.
Come per una legge della fisica, il vuoto non esiste e, quando si crea, viene subito colmato.
Lo Stato lontano dalla realtà territoriale, ha lasciato spazio alle organizzazioni criminali e ai padrini.
I padrini, oltre ad esercitare le solite attività vessatorie, si sono proposti come amministratori dei torti, apparendo come capaci di risolvere i contrasti all’interno delle collettività.
Così è stato anche nella Giustizia. Non sembri un paradosso.
Poi, ovviamente, la giustizia “amministrata” dai padrini, era ed è un simulacro.
Ora, la nuova geografia giudiziaria che il Governo, deve attuare, contempla la soppressione di uffici giudiziari, ricorrendo a criteri dettati dalla legge delega.
Uno dei criteri è quello della verifica del “tasso di impatto della criminalità organizzata”.
Nel sud, con alta presenza criminale, lo Stato ha il dovere di valutare, cosa possa significare, la chiusura di un Tribunale e se ciò non determini una espansione del potere criminale.
Lo Stato che arretra, chiudendo gli uffici giudiziari, è uno Stato che rinunzia ai presidi di legalitá.
Non possiamo sottovalutare questo pericolosissimo effetto.
All’apparente risparmio, seguirà un inevitabile aumento del costo sociale e del cosiddetto zavorramento mafioso, ossia la contrazione del Pil per effetto del condizionamento del crimine (stimato attualmente intorno ad una decrescita del 3%).
Lungimiranza, impone che lo Stato, nelle regioni ad alto tasso criminale, aumenti la sua presenza, in termini di efficienza, facendo funzionare gli uffici e non sopprimendoli.
Le scelte scellerate di oggi, le pagheremo con gli interessi domani.