MALAFFARE, CITTADINI, ONORE, DOVERE

17 Febbraio 2012 in Appunti

Ieri è arrivata una ulterione denuncia della Corte dei Conti, sullo stato della nostra pubblica amministrazione e sulla sua permeabilità alla corruzione e al malaffare.

Indubbiamente è sempre difficile offrire un dato quantitativo scientificamente attendibile dell’incidenza della corruzione e del malaffare sul prodotto interno lordo. Si riesce a dare alcune indicazioni, partendo dai dati accertati e sviluppando una proiezione.

E’ innegabile che nel nostro paese, costano di più i prodotti che lo stato apparato acquista, costano di più le opere che vengono realizzate, esiste la lentezza della macchina dei rapporti cittadino-stato, esiste l’accaparramento indebito di servizi con distrazione di risorse.

Tutto questo – non  certamente una esaustiva esemplificazione del malessere –  incide sulla ricchezza del paese.

Se accanto alla malattia della pubblica amministrazione, si colloca il dato della evasione fiscale, ossia delle mancate entrate dello Stato, l’approdo dei due dati è l’inaridimento del “carburante” della macchina stato. Meno entrate e più uscite.

Con alcune leggi, potrà alleggerirsi la criticità e, quindi, la sofferenza.

Non basta.

Serve riconoscersi nei principi etici della cosa pubblica, serve la gratificazione del rispetto del dovere, serve il buon esempio dei vertici  dell’amministrazione, serve la politica impegnata nella rappresentazione dei problemi e nella ricerca delle soluzioni, serve ritornare ai giudizi di riprovazione delle condotte illecite, serve ispiarare la condotta al principio contenuto nella nostra Carta Costituzionale.

 L’art. 54, solennemente afferma: << I CITTADINI CUI SONO AFFIDATE FUNZIONI PUBBLICHE HANNO IL DOVERE DI ADEMPIERLE CON DISCIPLINA ED ONORE>>.

Bello, molto bello. Poco, molto poco, applicato.

Da noi, è possibile rubare, corrompere, farsi corrompere, non pagare le tasse, violare i precetti dell’ordinamento, non applicare la sanzione, approfittare del proprio ruolo, perdere contatto con i contenuti della parola “dovere”.

Tutto questo, è chiamato furbizia. Se non torneremo a dare alle cose e ai comportamenti, il loro nome; se non ritorneremo a cogliere la differenza tra lecito ed illecito, se tutto sarà di un colore indefinito, andante sul grigio, noi non ci risolleveremo facilmente.

NON SERVONO LEGGI. SERVE , PRIMA DI TUTTO, COSCIENZA E RESPONSABILITA’.

Nel tessuto sano, si innestano le leggi. Diversamente, è una presa in giro.